BlogIl martirio dei Santi Cosma e Damiano

Il martirio dei Santi Cosma e Damiano

STORIA DI UNA RICERCA SU PIETRO D’ASARO 

Nel salone grande della “Casa Grande” di Via Giuseppe Patania (prima Via del Collegio di Maria) a Palermo, dimora dei nobili Sammartino Ramondetta duchi di Montalbo, si conservava una tela sconosciuta custodita dalla famiglia come un potente amuleto posto a protezione della intera stirpe, da generazione in generazione. Il quadro raffigura due Santi immersi in una caldaia bollente avvolti da un circolo convulso di aguzzini in fuga, da fiamme, angeli e tocchi di rosso brillante che si accendono e svolazzano come drappi leggeri al vento impetuoso. Una iconografia insolita e singolare, difficile ancora oggi da decifrare con certezza. Il titolo, Martirio dei Santi Cosma e Damiano nella caldaia bollente, ci è stato tramandato dalla famiglia Loffredo: discendenti diretti dei Sammartino Ramondetta, eredi della “Casa Grande” e proprietari del quadro in questione. 

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L’opera è attribuita a Pietro D’Asaro il «Monocolo di Racalmuto». Si conviene che il dipinto sia di fondamentale interesse storico artistico e che il suo approfondimento abbia reso possibile l’acquisizione di nuove notizie riconducibili al suddetto pittore, la cui attività artistica è tra le più importanti testimonianze figurative della tarda maniera siciliana. Considerando, inoltre la esiguità del numero di opere attualmente note alla critica dipinte per il collezionismo privato, il Martirio dei Santi Cosma e Damiano si pone quale prezioso tassello ai fini della ricostruzione del passato storico e artistico non soltanto dell’attività e vita del maestro Pietro D’Asaro, ma di tutta una fetta della nobiltà del tempo rappresentata da due tra le più antiche ed influenti famiglie della Sicilia vicereale, i Del Carretto e i Sammartino Ramondetta. 

La tela, priva di data e di firma, è stata pubblicata nel 2011, in Pittura della Tarda Maniera nella Sicilia occidentale (1577-1647), da Teresa Pugliatti come opera del tutto inedita e ignota alla critica attribuibile «indubbiamente»71 a Pietro D’Asaro. Dal piccolo paragrafo allora dedicatogli dalla studiosa, tuttavia, la tela è rimasta ugualmente ignota alla critica perché mai stata oggetto di un reale approfondimento. 

Di questa pittura, effettivamente, non si conosce nulla, salvo la notizia relativa all’ultima successione (senza testamento) risalente al 27 febbraio 1996.
Nessun documento, nessuna informazione pertinente se non la testi- monianza dei proprietari: “la nostra famiglia fu ad antiquo proprietaria dell’intero fabbricato con ingresso dalla citata attuale via Patania; e la tela del Pietro D’Asaro – già intesa in famiglia il «Monoculo di Racalmuto», della quale la nostra famiglia fu ab antiquo proprietaria – ha sempre soggiornato lì […]”.

Il quadro, da come si evince in questa e in altre dichiarazioni del medesimo contenuto rilasciate, in momenti diversi, anche da altri eredi della famiglia Sammartino Ramondetta viene sempre menzionato come bene strettamente connesso al palazzo di Via Patania, la cosiddetta “Casa Grande all’Olivella”. Per questo motivo le prime indagini sulla probabile e sconosciuta origine dell’opera, avversate dalla penuria di informazioni, si sono concentrate sui natali dell’immobile. 

sala al primo piano che ci indicano in San Bernardino il Superiore di questi edifici religiosi; sul prospetto al primo piano, infine, si può osservare un gancio in ferro che serviva da supporto ad una statuina raffigurante Sant’Anna e la Madonna bambina.

Va da sé che l’opera avrebbe potuto appartenere alla eredità del Convento di Sant’Anna alla Misericordia o della “Casa Grande all’Olivella” ed essere stata menzionata in qualche documento o memoria superstite contenuta nei volumi sul Convento custoditi presso l’Archivio di Stato di Palermo. Il soggetto sacro ivi raffigurato, dopotutto, tramandato come il Martirio dei Santi Cosma e Damiano, i Santi medici “anargiri” per eccellenza, rendeva tale origine plausibile considerando che non era insolito che strutture religiose di questo tipo, nel periodo della Controriforma, si votassero al soccorso degli infermi o dei meno abbienti (si ricordi che ancora oggi è questa la vocazione dell’Ordine Militare Ospedaliero di San Bernardino).

La ricerca si rivelava appassionante, ma in fin dei conti poco conducente al nostro scopo.
Un approfondimento sulla casata Sammartino Ramondetta, diversamente, si rivelò fondamentale. 

Francesco Sammartino Ramondetta duca di Montalbo, coniugato Tarallo e padre della nota poetessa Concettina Ramondetta Fileti (1829-1900), eroina risorgimentale e ava della famiglia Loffredo, infatti, faceva parte di una delle numerose ramificazioni (Principi del Pardo, duchi di San Martino, duchi di Montalbo, duchi di Santo Stefano, etc.) della antica dinastia Sammartino, ossia San Martino Ramondetto/a.

Tra questi illustri Sammartino vi fu un Giovanni duca di Sammartino (fratello primogenito di Raimondo primo Principe del Pardo) il cui figlio primogenito, Vincenzo Ramondetta, fu investito, nel 1694, del titolo di duca di Fabbrica e barone di Tutia. 

L’accenno al ducato di Fabbrica ha costituito la chiave di volta della ricerca.
La baronia, appresso ducato, della Fabbrica è quel territorio agri- gentino, sito tra Cammarata e Casteltermini, dove sappiamo che Pietro D’Asaro fosse presente, rispettivamente, con la tela della Sacra 

Famiglia con i Santi Gioacchino e Anna e con un gruppo di cinque opere, oggi scomparse, appartenute alla famiglia De Carlo, originaria dalla poco distante Sutera.
Avendo trovato notizia delle vicende relative al suddetto ducato di Fabbrica o Xhabice nell’Archivio Storico Opera Pia Reclusori femminili, depositato presso l’Archivio di Stato di Palermo, alla voce “Cenni storici: l’archivio del Duca della Fabbrica”, apprendiamo che, il 5 febbraio 1682 venivano stipulati i capitoli matrimoniali tra, il prima ricordato, Vincenzo Ramondetta e la diciottenne Bianca Vittoria Curti, duchessa di Fabrica (o Fabbrica/Xhabice) e baronissa della Tutia la quale, orfana di entrambi i genitori, risiedeva nel monastero di S. Chiara a Palermo. 

Nel 1694 Vincenzo riceveva l’investitura del feudo della Fabbrica col titolo di duca.
Ciò che veramente è importante ai fini della nostra ricerca è il fatto che Bianca Vittoria Curti, fosse figlia ed erede universale di Isabella Del Carretto figlia unica di Prospero Del Carretto conte di Racalmuto e che il ducato della Fabbrica appartenesse a tale famiglia, mecenate in più occasioni di Pietro D’Asaro, dal 1558, anno del matrimonio tra Federico Del Carretto di Giovanni barone di Racalmuto ed Eleonora Valguarnera baronessa Xhabice, la quale previo consenso della madre concedeva in dote al suo sposo la baronia della Fabbrica.

I probabili committenti del quadro, dunque, avrebbero potuto essere tutti i Del Carretto, eredi del ducato di Fabbrica, contemporanei al Nostro e nei loro riveli, atti e archivi sarebbe stato possibile provare con certezza non soltanto la committenza dell’opera, ma la sua paternità e la relativa identità dei soggetti (martiri) raffigurati che ha dato adito in questo decennio a dei dubbi dei quali si dirà più avanti. 

Dalla lettura paziente e perniciosa dell’intero Archivio del Ven.le Convento di Sant’Anna alla Misericordia; di tutti i volumi contenuti nell’Archivio Opera Pia Reclusori femminili, sezione “Eredità Duca della Fabbrica”  custoditi presso l’Archivio di Stato di Palermo, dei documenti e lasciti testamentari relativi ai Del Carretto baroni della Fabbrica si registra, e solamente in due elenchi dettagliatissimi, uno relativo a Isabella Del Carretto e un altro a Bianca Vittoria Curti,  un quadro con “Santi Martiri”. Non si specifica in nessun caso l’identità dei soggetti raffigurati tanto meno l’autore.
Bisogna dire che, tuttavia, lo smarrimento nel corso degli anni di un plico di pagine contenute nel fondamentale volume n. 6 dell’Archivio Opera Pia Reclusori femminili, non ha reso possibile la lettura integrale dei documenti, lasciando alla critica il compito di svelare un ulteriore arcano facente capo a Pietro D’Asaro. 

L’indagine ha comunque tracciato una via gravida di nuove ricerche e percorribile su più fronti.
L’intenzione di chiarire la natura dei rapporti che legavano il Monocolo di Racalmuto ai Sammartino Ramondetta, contestualmente alla ricostruzione delle vicende relative ai Del Carretto e alla loro genealogia, ha ridestato l’interesse per la comprensione delle reali dinamiche di mecenatismo nella Sicilia Cinque e Seicentesca, probabilmente più selettiva di quanto si immagini. 

Il presente testo è tratto dal catalogo Pietro D’Asaro Redivivo. La rinascita contemporanea del «Monocolo di Racalmuto» di Anastasia De Marco, Ecclesiaviva Editore 2023. 

ISSN 2974-9247

ISBN 978-88-947349-1-1

Copyright © 2023. Tutti i diritti riservati. 

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